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L'Etna , Tifeo

 e "u ripiddu nivicatu"

Omaggio all’Etna

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tantissimi sono i miti legati alla nascita dell’Etna, più o meno cruenti. Etna è il nome di una dea della mitologia greca. Era considerata figlia di Urano e Gea. Il drago Tifone, si supponeva, vivesse nelle viscere dell'omonimo vulcano e fosse causa di distruttive eruzioni.

La Sicilia, terra di vulcani e frumento, era causa di dispute tra Efesto e Demetra, divinità rispettivamente del fuoco e delle messi. Etna fece da arbitro.

Nella sua veste di Thalia con Adranos ha generato i Palici, divinità gemelle venerate presso i Siculi. , l vulcano era conosciuto in età romana come Aetna, il nome deriva dalla parola greca “Aitho “ (bruciare) o ancor prima dalla parola fenicia “Attano”.

Gli arabi chiamavano la montagna “Gibel Utlamat” (la montagna del fuoco); questo nome fu più tardi storpiato in Mons Gibel e successivamente, nel Medio Evo, in Mongibello, che deriva dall'italiano "monte" e dall'arabo "djebel" che ha il medesimo significato e che è attualmente il nome della montagna, non del vulcano.

Le eruzioni regolari della montagna, spesso drammatiche, hanno reso l'Etna un argomento di grande interesse per la mitologia classica, la quale ha cercato di spiegare i terremoti e gli smottamenti tramite l'invenzione di dei e giganti.

Eolo, il re dei venti, si diceva che avesse imprigionato i venti sotto le caverne dell'Etna.

Oltre alle gesta degli dei, la mitologia legata alla Sicilia è ricca di leggende di amore, come quella di Aci e Galatea. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Forse la più suggestiva leggenda che riguarda proprio “la montagna”, come affettuosamente la chiamano i catanesi, è quella del gigante Tifeo:

Tifeo, nella mitologia greca, era un mostro nemico di Zeus. Figlio di Gaia aveva tre teste di cui una sola era umana, una coda e delle ali. Quello che si dice un brutto soggetto! Venne gettato dentro l'Etna e da qui continua ad emettere cenere e fumi. Per certi aspetti Tifeo è il simbolo della ribellione. Già, un cattivo che per vendetta si scaglia contro il potente di quegli anni, Zeus appunto. 
Come spesso accade ai ribelli, il nostro amico gigante viene sconfitto, ma non muore. Infatti il suo respiro diventa vulcano.

Narra la leggenda che la Sicilia è sorretta da un gigante: questo gigante si chiama Tifeo, che osò impadronirsi della sede del cielo e per questo venne condannato a questo supplizio. Sopra la sua mano destra sta Peloro (Messina), sopra la sinistra Pachino, Lilibeo (Trapani) gli comprime le gambe, e sopra la testa grava l'Etna.

Dal fondo, Tifeo inferocito proietta sabbia e vomita fiamme dalla bocca. Spesso si sforza di smuovere il peso e di scrollarsi di dosso le città e le grandi montagne: allora la terra trema.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per rendere omaggio alla meravigliosa e affascinante montagna è stato creato un piatto che con la forma e i colori  che rappresenta il vulcano, legando insieme i sapori del mare e di questa fantastica terra : U Ripiddu nivicatu

 

G G & C

’" Tifeo ",Esposizione, intitolata Klimt – Alle origini di un mito, allestita dal Comune di Milano 2014

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricetta 

 

Ingredienti: Per 8 persone:

800 g riso ,

2 cipolle grosse,

kg1 di seppie,

400 g di ricotta fresca,

60 g di salsa di peperoncino piccante;

200 g di estratto di pomodori,

1 bicchiere di vino bianco secco,

olio d'oliva q.b,

sale e pepe nero q.b.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Preparazione:


Puliamo le seppie, separando il corpo dalla teste, tirando delicatamente. Elimiamo le interiora e l'osso, asportando con attenzione le sacche del nero, poi  le mettiamo in una ciotola. Elimi niamo gli occhi e il becco, spelliamo le teste,sciacquiamo insieme   ai tentacoli e poi tagliamo tutto a tocchetti.  Tritiamo finemente la cipolla e la rosoliamo in tegame con olio d'oliva,aggiungiamo le seppie tagliate a pezzetti, non appena la cipolla ha finito di rosolare, e facciamo cuocere per circa cinque minuti. A questo punto aggiungiamo il bicchiere di vino bianco secco e l'estratto di pomodori, quindi il nero delle seppie messo da parte. Allunghiamo ,d'acqua quanto basta per ottenere il condimento sufficiente per il riso e facciamo cuocere per circa due ore; poi aggiungiamo sale, pepe nero o peperoncino, secondo i gusti. A parte cuocere il riso e, dopo cotto, amalgamiamo con la salsa nera di seppie. In un vassoio di forma ovale versare al centro il riso nero, sistemandolo a tronco di cono, cioè spianando la cima. Sopra plasmiamo la ricotta fresca setacciata, completando così la montagna. Facciamo una conchetta sulla sommità e versiamo, su quello che è divenuto ormai il cratere del vulcano, il fuoco di una salsa piccante al peperoncino pestato con l'aggiunta di qualche goccia d'olio e salsa rossa di pomodoro: ora l'Etna è davvero in eruzione.

Per ottenere una perfetta resa la pietanza va servita calda (il riso nero) e si dovrà aver cura di prendere con la posata, partendo dal basso, contemporaneamente: riso nero-ricotta salsa piccante, senza però amalgamare tutto.

I diversi gusti,  debbono fondersi in bocca in con una sinfonia di sapori

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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